Alberto Sordi in un momento di pausa durante le riprese del film «Mafioso». Roma, 9.6.1962

«Scorrendo le recensioni dell’epoca c’è un aggettivo che salta agli occhi, quasi un gioco di parole col suo cognome: sordido, riferito ovviamente al personaggio, non all’interprete. E poi laido, abietto, perfido, astioso, untuoso, lercio, molliccio, maligno, eccetera eccetera. Dagli inizi fino a tutti gli anni Cinquanta, Alberto Sordi colleziona nei suoi film una galleria di mostri in libertà, di figure respingenti e sinistre che non cercano né il consenso né la simpatia. [...] Li porta in vita ma non se ne compiace, sguazza dentro alle loro debolezze senza volerle né giustificare né fustigare, è sincero e a suo modo spietato nell’abisso morale dei suoi cialtroni». Gianni Amelio, Sordi contronatura in Goffredo Fofi (2004)

Sordi è un attore atipico perché non cerca l’identificazione del pubblico nei suoi ruoli, tecnica che sta alla base del successo soprattutto degli attori comici, non vuole consolare lo spettatore. Procede nella sua carriera perfezionando costantemente le caratteristiche respingenti dei suoi personaggi. 

Nel film «Il giudizio universale» (V. De Sica, 1961) Sordi interpreta un laido mercante di bambini che compra orfanelli per rivenderli a ricchi americani. La paternità del personaggio è peraltro rivendicata dall’attore:

«L’ episodio del bambino del Giudizio universale nacque da un fatto di cronaca. Avevo avuto il copione perché mi potessi scegliere un personaggio, ma non ne trovai nessuno che m’interessasse. Allora dissi a De Sica: "Io ho letto un fatto di cronaca su una organizzazione, che ha radici anche vaticane, che si dà da fare per far adottare bambini dagli americani e ho letto che ci sono numerose famiglie napoletane che se li vendono. Questo mi sembra proprio un motivo da Giudizio universale, non credi?". Trovò la mia proposta interessante e ci recammo da Zavattini con cui poi la sceneggiammo. Fu un personaggio da cui tirai fuori tutto quello che ci poteva essere di più cattivo e di più perfido al mondo. La truccatura la studiai pensando a una specie di attore muto, del Grand Guignol, di Dracula, di uno insomma proprio cattivo». Goffredo Fofi (2004)

Nel film «Mafioso» (A. Lattuada, 1962) Sordi veste i panni dello scrupoloso caporeparto di fabbrica Antonio Badalamenti, siciliano trapiantato a Milano, al quale viene chiesto di compiere un omicidio in America.  

- Me lo fa un piacerino?
- Cento gliene faccio dottore!
- Questo è un regalo per Don Vincenzo. Mi proviene da comuni amici, è un oggetto di valore, deve custodirlo con molta cura.
- Non dubiti dottore!
- Personalmente a Don Vincenzo.
- Per me è un grandissimo onore! 

Il padrone della fabbrica ad Antonio Badalamenti in «Mafioso»

Il tema del viaggio è il dato narrativo caratterizzante il film, Antonio percorre l’Italia da nord a sud e poi verso l’America inconsapevole di correre verso la morte: «un viaggio lungo e corto… Mamma comanda e picciotto va e fa». Elettrizzato di fronte alla grandezza della città di New York, non comprende subito il motivo per cui è stato chiuso in una cassa e trasportato oltreoceano dalla Sicilia. Dopo aver compiuto l’omicidio e percorso il viaggio a ritroso, si trova di nuovo in fabbrica diligente sul lavoro come sul luogo del delitto.

Il regista Alberto Lattuada a proposito dell'interpretazione di Sordi nel film:

«Il personaggio di Mafioso era di uno che deve digerire un delitto nascosto nella coscienza: il personaggio di Sordi è quello di un coccodrillo che digerisce il suo delitto e non ne parla più. Doveva avere la faccia di Sordi, perché è raro che nel cinema si accetti un delitto impunito. Tornava feroce nell’azienda, feroce con gli operai per tutta la violenza che aveva dovuto subire… Sordi ha la physique du role ed è stato bravissimo!». Goffredo Fofi (2004)