«Insieme, Sordi e Sonego, cominciarono a inventare un'infinità di personaggi medi: lo scapolo, il ragioniere, il rappresentante di commercio, il fruttivendolo, l'impiegato, il vedovo, il giornalista fallito, il funzionario, il pappagallo da strada, il vigile, il soldato. Era una galleria comica di uomini che si affermò subito, definendo il costume con grande efficacia. La creazione d'un carattere desunto dalle abitudini mediocri, dai difetti correnti, da certi squallori e torpori morali tipici dell'uomo comune. Era la nascita d'un personaggio medio, comico e veridico. Era la feroce, chiara identificazione di un tipo: il modello negativo prodotto dalla società italiana fra il '50 e il '60». Grazia Livi (1967)
Un genere ‘demolitore’, così lo stesso Sordi definisce ciò che interpreta nella cinematografia italiana fin dalla metà degli anni ’50, a partire dal film «Il seduttore» (F. Rossi, 1954). L’interpretazione di una serie di personaggi che provoca nel pubblico sentimenti contrastanti: «la catarsi dei difetti, dei cattivi sentimenti», così la definisce Grazia Livi. Il modello dell’eroe negativo «è un uomo sui trent’anni, quasi sempre romano, che può avere attività diverse ed essere coinvolto in vicende diverse, ma la cui componente del carattere è una sola, la viltà».
Vile è Alberto Nardi in «Il vedovo» (D. Risi, 1959): il ritratto di un industrialetto privo di qualità imprenditoriali e carico di fantasie che cozzano continuamente con i suoi reali attributi. Esaltato dalla presunta morte della ricchissima moglie (Franca Valeri), si trova a dover affrontare la realtà quando la vede ricomparire nella villa di famiglia. Il film trae ispirazione dal fatto di cronaca nera noto come il delitto di via Monaci, il cui mandante del delitto risultò essere il marito della vittima, l’industriale milanese Giovanni Fenaroli.
- Marchese lo sa che scherzo mi hanno fatto quei gamberetti che abbiamo mangiato insieme ieri sera al Ronchetto delle rane?
- Le hanno fatto male?
- No, mi hanno fatto fare un sogno.
- In bianco e nero o a colori?
- A colori, io sogno sempre a colori.
- E che sogno ha fatto commendatore?
- Ho sognato che ero rimasto vedovo. Un sogno completo: morte, camera ardente, funerale. Io camminavo dietro al feretro, alla mia destra camminava lei marchese e alla mia sinistra padre Agostino.
- Perbacco, ricorda tutti i dettagli.
- Si, come fosse adesso!
- E nel sogno ha provato dolore?
- No, anzi! Mentre tutti piangevano, io solo ridevo! Poi mentre calavano la bara giù nella fossa ho sentito come un colpetto dietro la nuca…tac, anche abbastanza forte. Credevo fosse padre Agostino e invece mi sono svegliato nel mio letto ed era mia moglie che mi diceva: Cos’hai cretinetti? Ridi nel sonno?!
Il Commendator Alberto Nardi al marchese, nell'incipit di «Il vedovo»
Vile è Giovanni Alberti in «Il boom» (V. De Sica, 1963), affarista fallito che pur di mantenere il suo standard di vita decide di vendere un occhio a un uomo molto ricco: incapace di trovare denaro in modo convenzionale, e soprattutto incapace di rinunciare alle futilità della vita agiata.
Vile è il garbato Armando Tucci dell’episodio «Latin lover» (F. Indovina, 1965), coniugato e padre di famiglia che si guadagna lo stipendio con regolare licenza di accompagnatore e corteggiatore per turiste straniere. Brillante e pieno di savoir-faire, fino al momento in cui comprende di non essere corrisposto nelle lusinghe. Nell’ultimo tentativo di conquista dell’algida signora Melville (interpretata da Soraya), il patetico Tucci si dilunga sul racconto famigliare delle quattro bocche da sfamare: riuscirà così a raggiungere il suo obiettivo quando, poco prima di partire, la Melville lo invita sulla scaletta dell’aereo per farsi fotografare dai paparazzi e ottenere così la notorietà di latin lover sui rotocalchi.