La quinta sezione della mostra online è dedicata ai diavoli della tradizione biblica, che nell'inferno dantesco sono una presenza importante.
La demonologia cristiana pone all'inizio della storia delle potenze malefiche la ribellione di Lucifero al Creatore (Apocalisse 12, 7-13). Lucifero, la prima e più nobile delle creature, l'eletto da Dio tra tutti gli altri angeli, che superava per bellezza e per scienza, volle essere uguale al Creatore e peccò quindi di orgoglio e superbia. Numerosi angeli schieratisi con Lucifero furono con lui violentemente cacciati dall'Empireo a opera degli angeli fedeli a Dio, guidati dall'arcangelo Michele.
Nella sezione precedente abbiamo visto quanti e quali demoni mitologici Dante incontra nella sua discesa agli inferi. In questa sezione, vi proponiamo le rappresentazioni dei demoni di derivazione biblica inseriti nella Commedia.
Malacoda e le Malebranche, gli aguzzini della quinta bolgia
Nel basso inferno vi è una grande distesa di pietra e ferrigno a forma circolare che degrada verso il centro: Dante la chiama Malebolge. Il luogo è suddiviso in dieci fosse concentriche, le bolge. La quinta bolgia, in cui sono puniti i barattieri, è custodita da una pattuglia di diavoli neri, alati, armati di bastoni uncinati con cui costringono i dannati a stare immersi nella pece bollente.
Dante e Virgilio vedono subito un diavolo che porta un dannato nella pece, mentre i suoi compagni lo tormentano con gli uncini. Virgilio induce Dante a nascondersi dietro una roccia, quindi va a parlare con loro (immagine 2). Gli si fa incontro il capo della pattuglia, il demone Malacoda. Virgilio tratta con lui il passaggio alla bolgia successiva.
Malacoda offre ai due viandanti una scorta di dieci diavoli fino al passaggio per la bolgia successiva, dato che il sesto ponte è crollato a seguito del terremoto concomitante alla morte di Cristo. Malacoda mescola verità e menzogna, perché il terremoto ha fatto crollare tutti i ponti e non esiste nessun passaggio praticabile sulla sesta bolgia.
Barbariccia riceve l'incarico di capeggiare la schiera e, per indicare che è il momento di mettersi in marcia, si lascia andare a un gesto scurrile (ed elli avea del cul fatto trombetta, Inf. XXI, 139). Costretti a malincuore ad accettare l’offerta, Dante e Virgilio si incamminano sull’argine in compagnia della scorta.
Nel Canto seguente (Inf. XXII), i dieci diavoli scortano i due poeti lungo l'argine della bolgia, mentre un dannato cerca di sottrarsi alla pece e ai loro uncini. Graffiacane lo afferra per i capelli e lo trascina sull'argine, Rubicante vorrebbe scuoiarlo, ma Dante chiede a Virgilio di potergli parlare. Lo spirito si presenta come Ciampòlo di Navarra, indica altri dannati sotto la pece e si dice pronto a farne emergere molti altri, purché i Malebranche si facciano indietro. I diavoli acconsentono e Ciampolo ne approfitta per gettarsi sotto la pece. Alichino non riesce ad afferrarlo e ne nasce un'orrenda zuffa tra i demoni, due dei quali cadono nella pece e rimangono invischiati.
Dante e Virgilio ne approfittano per allontanarsi e raggiungere la bolgia successiva (immagini dalla 1 alla 10).
La rappresentazione dei diavoli che Dante fa nei Canti XXII e XXII ricalca l'assioma secondo cui, quanto le forze del bene sono bellissime, tanto quelle del male sono orribili.
Al contrario degli angeli che vengono descritti con un corpo perfetto dotato di ali bianche e sfolgoranti e bianchissimi per la luce che li circonda, i demoni sono brutti, di colore nerissimo, dotati di ali di pipistrello e spesso storpiati da caratteristiche bestiali: il grugno, le corna, la coda, gli zoccoli. Inoltre, al contrario degli angeli, che sono pura perfezione, i demoni sono volgari, grossolani, rabbiosi, caparbi, ostinati nella loro perversa volontà.
La tragica grandezza di Lucifero, lo 'mperador del doloroso regno
Bugiardi e imbroglioni, comici e farseschi, i demoni delle Malebranche non hanno nulla della tragica grandezza di Lucifero (immagini dalla 11 alla 15).
Nel IX cerchio dell'Inferno, nel punto più lontano da Dio, Dante pone in quattro cerchi concentrici coloro che si sono macchiati dei delitti peggiori: i traditori dei congiunti posti nella Caina, i traditori della patria nell'Antenora, i traditori degli ospiti nella Tolomea e i traditori del benefattori nella Giudecca.
Giunto nella Giudecca, Dante vede i dannati completamente imprigionati nel ghiaccio: alcuni sono rivolti verso il basso, altri verso l'alto con la testa o i piedi, altri ancora sono raggomitolati su se stessi.
Virgilio avverte Dante che si avvicinano i vessilli del re dell'inferno, Lucifero, e lo invita a guardare davanti a sé. In lontananza e nella semioscurità, il poeta distingue solo quello che gli sembra un enorme mulino che fa ruotare le sue pale, poi si ripara dal vento dietro al maestro. I due avanzano un poco, quindi Virgilio decide che è il momento di mostrare a dante Lucifero, avvertendolo che è giunto per lui il momento di armarsi di coraggio.
L'imperatore dell'inferno esce dal ghiaccio di Cocito dalla cintola in su e c'è maggior proporzione tra Dante e un gigante che non tra un gigante e le braccia del mostro, per quanto sia smisurato. Se Lucifero fu tanto bello quanto adesso è brutto, osserva Dante, e nonostante ciò osò ribellarsi al suo Creatore, allora è giusto che da lui derivi ogni male.
Il poeta si meraviglia nel vedere che Lucifero ha tre facce in una sola testa: quella al centro è rossa e le altre due si aggiungono a questa a metà di ogni spalla, unendosi nella parte posteriore del capo. La destra è di colore giallastro, la sinistra ha il colore scuro degli abitanti dell'Etiopia.
Sotto ogni faccia escono due enormi ali, proporzionate alle dimensioni del mostro e più grandi delle vele di qualunque nave: non sono piumate ma sembrano di pipistrello, e Lucifero le sbatte producendo tre venti gelidi che fanno congelare il lago di Cocito.
Il mostro piange con sei occhi e le sue lacrime gocciolano lungo i suoi tre menti, mescolandosi a una bava sanguinolenta.
Lucifero maciulla in ognuna delle tre bocche un peccatore, provocandogli enorme sofferenza. Il dannato al centro non viene solo dilaniato dai denti del mostro, ma la sua schiena è graffiata dagli artigli e totalmente spellata.
Virgilio spiega che il peccatore al centro è Giuda Iscariota, che ha la testa dentro la bocca e le gambe penzolano di fuori; degli altri due, che hanno invece il capo rivolto verso il basso, quello che pende dalla faccia nera è Bruto, che si contorce e non dice nulla, mentre l'altro è Cassio.
Lucifero è una figura grandiosa e tragica. Dante lo chiama 'mperador del doloroso regno (Inf. XXXIII, 28) e ne descrive la mostruosa trinità: tre facce in una testa, antitesi all'Unità e Trinità di Dio; sei ali, come gli angeli Serafini, ma di membrane nerastre, simili a quelle dei pipistrelli. Lucifero è pura negatività, il male assoluto.
Dante descrive Lucifero come un essere gigantesco posto in condizioni di sostanziale impotenza, conficcato al centro della terra nella medesima posizione in cui si ritrovò dopo la caduta fitto è ancora sì come prim'era (Inf. XXXIV, 120).
Anche in questo caso, Dante opera una sorta di contrapposizione. Così come Dio è potente, primo motore e calda luce, Lucifero è impotente, immobile, condannato all'eterno gelo.