l'oro dei filosofi - strumenti e apparati

I manoscritti alchemici bizantini riportano anche illustrazioni degli strumenti descritti nei trattati tramandati, spesso a corredo dei testi di Zosimo di Panopoli. Tra questi compaiono alambicchi, kerotakis e altri apparati di riscaldamento, secondo alcuni identificabili con il cosiddetto ‘bagnomaria’.

Il tribikos è un alambicco con tre vasi di ricezione (βῖκοι, bikoi). I liquidi da distillare sono riposti in un recipiente sferico in basso. Riscaldati, questi evaporano salendo verso l’alto, dove incontrano le pareti più fredde di una seconda sfera di vetro o terracotta. Qui i vapori condensano sotto forma di gocce, che vengono raccolte attraverso tre “becchi” in tre recipienti di ricezione.

La kerotakis è un apparato costituito da una fornace con all’interno un contenitore ermeticamente sigillato. In basso è riposta una sostanza liquida che, riscaldata, bolle; nella parte alta del contenitore è sospeso un corpo (ad esempio una lamina metallica) che deve essere esposta ai vapori del liquido in ebollizione.

La costruzione dei forni è discussa in una ricca trattatistica alchemica, che insiste su numerosi dettagli essenziali per condurre le operazioni descritte. Il raggiungimento di temperature elevate, il mantenimento e il controllo delle stesse, la distribuzione del calore all’interno del forno o sulla superficie dei contenitori rappresentano questioni cruciali, su cui incidono numerosi dettagli: spessore delle pareti, forme, numero e posizione delle bocche di aerazione, tipo di combustibile, etc.

Il bagnomaria è un bagno ad acqua attraverso cui si riscalda in modo controllato un secondo contenitore. Infatti, il contenitore immerso nel bagno raggiunge al massimo i 100°C, temperatura a cui l’acqua bolle, evitando quindi di riscaldarlo a temperature troppo elevate (che potrebbero degradare il contenuto), come succederebbe mettendolo direttamente sul fuoco.