Nelle fotografie che compongono questa sezione si scorge un utilizzo costante del quotidiano come oggetto fisico da mostrare durante le manifestazioni di piazza, una costante che però trova una brusca interruzione nel 1977. I sentimenti di inquietudine nei confronti del giornale e di ciò che esso rappresenta sono sintetizzate nelle parole del giornalista Roberto Roscani:
[...] noi in quell'inizio di anno scoprimmo all'improvviso che all'università, in molte scuole, il Pci era diventato il nemico. Noi all'Unità - specie noi della cronaca di Roma - lo scoprimmo subito. Appena partite le lotte, i collettivi, le occupazioni dell'ateneo ci trovammo nell'occhio del ciclone. [...] Noi dell'Unità eravamo spesso bersaglio di scherno se non di violenza. [...] In questo clima arrivammo al 17 febbraio 1977. L'idea di portare Lama all'università era venuta alla sezione universitaria del Pci, ma era stata accolta da tutto il Pci romano e della Camera del Lavoro dove c'era Santino Picchetti, un dirigente sindacale semplice e molto amato. Era l'idea peggiore che si potesse avere. Quella mattina entrammo alla Sapienza pieni di cattivi presentimenti. [...] Quella mattina nel piazzale con la fontana asciutta e la statua della Minerva, proprio davanti al Rettorato, arrivano lentamente gli operai delle fabbriche e militanti del Pci. C'è preoccupazione, c'è curiosità, c'è tensione. Il servizio d'ordine si schiera, fragile comunque un guscio d’uovo. Nell’ateneo non c'è neppure un poliziotto, non possono esserci. Dalla facoltà di Lettere, e poi sotto le gradinate, e verso il Rettorato si raccolgono migliaia di ragazzi, compare qualche casco, qualche sciarpa sul viso, grida ostili, sberleffi. Compaiono gli Indiani metropolitani. Due pezzi di sinistra si fronteggiano, bandiere rosse di qua e di là, ma non c'è dialogo, solo gelo e grida. Il comizio non si riesce neppure ad ascoltare: dal camioncino da cui parlano gli oratori arrivano solo frasi smozzicate, coperte dalle grida, dagli slogan. Poi, mentre da pochi minuti parla Lama, tutto si fa improvvisamente concitato, frenetico, la fine sembra inevitabile: il servizio d'ordine sindacale si spezza, la folla ondeggia, partono i sassi contro il camion. Tra le grida si affaccia un gesto destinato a restare come un peso nella memoria collettiva: le mani alzate come pistole.
Roberto Roscani, l'Unità. Una storia, tante storie, Fandango: Roma, 2024, pp. 79-80.