Rotolo intero, in pelle bovina marrone scuro, in ebraico gevil (leggi ghevìl), è il più antico e integro che si conosca, rarissimo  e importantissimo perché segue la tradizione antica babilonese in diversi aspetti; 640 mm di altezza x 36 m. di lunghezza; 58 sezioni cucite fra loro, delle quali 37 di 3 colonne, 18 sezioni di 4 colonne e solo 3 sezioni di 5 colonne; 198 colonne di testo, di 48 linee, alcune di 47. Seconda metà del sec. XII-primo quarto del XIII; elegante scrittura calligrafica quadrata proto-sefardita, con tracce della grafia orientale antica, inchiostro metallico di galla, testo scritto sul lato pelo, con coroncine ornamentai (tagin, leggi taghìn) e lettere arricciate o variate, secondo la tradizione babilonese del Sefer Tagin, opera Masoretica dell’VIII secolo e.v. Nei margini ricorre 63 volte una nun finale per segnalare che lo scriba si distacca dalla tradizione babilonese, per quanto riguarda le spaziature delle sezioni aperte e chiuse del Pentateuco. Il rotolo all’inizio e alla fine non è più ancorato ai suoi due perni lignei originari, in ebraico detti ‘atzé chayyim o “Alberi della vita”. Le caratteristiche testuali sono pre-maimonidee e ignorano la fissazione della normativa per copiare il Sefer Torah, fissata da Maimonide e successivamente, nel XVI secolo in maniera rigorosa e definitiva da Yosef Qaro nell’opera Shulchan Aruch (o La tavola preparata). Il tenore del testo ebraico del Rotolo presenta poche varianti rispetto a quello accurato del Codice di Aleppo (Keter Aram Tzova o "La corona di Aleppo"), copiato a Tiberiade nel secolo X (circa 920), mentre in alcune varianti della mise en page è migliore di Aleppo, seguendo una tradizione più antica.

 

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