Grazie alla corretta datazione al sec. XII - inizio XIII, che Mauro Perani ha attribuito al Sefer Torah Rotolo 2, nel compilare assieme a Giacomo Corazzol un nuovo catalogo del fondo ebraico della BUB, è stato possibile ricostruire un tragico e incredibile scambio di Rotoli della Torah, avvenuto verso la metà dell’Ottocento nella Biblioteca Universitaria di Bologna. Ecco le tappe.
Nel 1304, quando il frate domenicano Aimerico Giliani da Piacenza, in un consesso dei domenicani svoltosi in Provenza è designato Maestro Generale dell'Ordine Domenicano, carica che ricoprirà dal 1304 al 1311, riceve in dono da alcuni ebrei un rotolo ebraico della Torah antico e diverso dagli altri; tornando a Bologna, dove ha sede l’Ordine Domenicano, lo pone nella Biblioteca dei Domenicani. Già all’inizio del Trecento il rotolo diviene noto per la sua grande antichità, mostrando segni grafici e di abbellimento del tutto diversi da quelli noti nei Sifre Torah più recenti. Gli ebrei ne esaltavano l’antichità già allora, attribuendolo addirittura a Esdra lo scriba, colui che aveva guidato a metà di VI secolo a.e.v. il ritorno degli ebrei esuli a Babilonia, che lo avrebbe scritto di propria mano.
Nel Cinquecento, Ulisse Aldrovandi lo menziona nella sua Biblologia (1582) manoscritta, quando accenna alla “Bibbia d'Esdra in S. Domenico di molti pelli insieme cociti”. Anche l’orientalista spagnolo Benedictus Arias Montanus (1527–1598), editore della Bibbia poliglotta, lo conosce. Nel 1702 l’ecclesiastico e studioso francese Bernard de Montfaucon nel suo Diarium italicum, stampato a Parigi nel 1702, narra del viaggio in Italia da lui compiuto nel 1700 e descrive di aver visto a Bologna, presso il convento dei Domenicani, il famoso Rotolo del Pentateuco, informandoci della sua grande antichità e del dono fatto dagli ebrei a Frate Aimerico. Fra le altre cose egli ricopia una scritta in latino, che era cucita nel verso del rotolo verso la metà, e che ne narrava la storia. A confermare l’autenticità della scritta copiata da De Montfaucon nel 1700, Rita De Tata ha trovato una seconda copia manoscritta della medesima scritta presso la Biblioteca dei Domenicani di Bologna, al foglio 185r della Cronoca di Ludovico da Pralormo, guardiano dell’Arca di San Domenico dal 1528 ossia circa centocinquant’anni prima di De Montfaucon.
Il biblista Giuseppe Maria Bianchini nel 1748-1749 riporta le informazioni di Montfaucon nel suo lavoro Evangeliarium quadruplex latinae versionis antiquae seu veteris italicae (Roma 1748-1749). Circa 80 anni dopo, Benjamin Kennicot, nell’opera Dissertatio generalis in Vetus Testamentum Hebraicum (Oxford 1780), data il rotolo di Bologna alla fine del secolo XI, mentre l’ebraista Giovanni Bernardo De Rossi (1742–1831), pochi anni dopo, nelle sue Variæ lectiones Veteris Testamenti (Parma 1783) lo data agli inizi del XIII secolo. Tutti i più importanti biblisti d’Europa lo conoscevano, e anche il re di Francia e la Regina Cristina di Svezia vollero vedere il famoso rotolo del Pentateuco di Esdra, in occasione di loro visite a Bologna.
Nel 1530 l’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V d’Asburgo si recò a Bologna per riconciliarsi con il Papa Clemente VII dei Medici. Nell’occasione, essi parlarono anche della questione relativa al divorzio di Enrico VIII, volendo essi dichiarare invalido l’annullamento del primo matrimonio del re, concesso al sovrano inglese dal precedente Pontefice Giulio II, basandosi sul motivo che la moglie del sovrano era sua cognata. Il Papa e Carlo V vollero recarsi di persona nella biblioteca dei domenicani per verificare che cosa dicesse esattamente il primum originale Pentateuchi e, ovviamente, il versetto che proibisce il matrimonio con una cognata, era presente nei versetti 18,16-20 del Levitico. Stranamente, questi versetti nel Rotolo 2 sono stati cancellati, raschiandoli via con una lama, anche se le tracce delle lettere restano leggibili. Come spiegare un fatto simile? Come ha spiegato Saverio Campanini, a cui si deve la segnalazione dell’incontro nel 1530 fra Papa e Imperatore, pare verosimile ritenere che qualcuno, appartenente al partito del Papa e contrario al divorzio, - che porterà alla separazione degli anglicani da Roma - dopo questo episodio, quasi con un gesto di rabbia, abbia voluto cancellare i cinque versetti contenenti quella proibizione di sposare una cognata. Se così fosse, sarebbe stato certamente un modo assai strano di vendicarsi.
Quando Napoleone estende il suo dominio in Italia, sopprime gli ordini religiosi e ordina di depositare i libri manoscritti e a stampa presso le istituzioni pubbliche, fra cui il patrimonio librario del Convento di San Salvatore e di San Domenico, dove questo Sefer Torah era stato conservato per cinque secoli. Ma il prezioso e famoso rotolo, assieme a molti i manoscritti ebraici dei Domenicani, furono portati da Napoleone alla Bibliothèque Nationale di Parigi. Con la restaurazione antinapoleonica, in seguito al congresso di Vienna del 1815, quasi tutti i manoscritti della Biblioteca Universitaria ritornano a Bologna.
Oltre al famoso rotolo, nella collezione ebraica della BUB era presente anche un altro rotolo del XVI secolo, mutilo di quasi tutti i primi tre libri di Genesi, Esodo e Levitico, che era stato donato alla Regia Biblioteca Universitaria nel Settecento dal Papa Bolognese Benedetto XIV, al secolo Prospero Lorenzo Lambertini (1675–1758). Ora dopo il ritorno del rotolo antico da Parigi a Bologna, nella seconda metà dell’Ottocento, accadde un tragico scambio fra i due rotoli e, come conseguenza, si ritenne quello antico, andato a Parigi e poi ritornato mutilo, il rotolo donato da Papa Lambertini. Allo scambio di rotoli diede il suo contributo già nel 1872 l’ebreo bolognese Vittore Ravà, in un suo studio su Gli ebrei in Bologna. Cenni storici, apparso a Vercelli nello stesso anno. Egli riteneva che il rotolo di Esdra fosse quello trasportato a Parigi nel 1797 e ritornato a Bologna, senza i primi tre libri menzionati che, a suo avviso, sarebbero stati trattenuti a Parigi dalla Bibliothèque Nationale de France, prima di rimandarlo a Bologna mutilato. Ma si sbagliava tragicamente, perché ad andare a Parigi fu l’altro rotolo intero, quello antico e a tutti noto che, con la Restaurazione, ritornò a Bologna integro.
Diciassette anni dopo, nel 1889, Leonello Modona, un ebreo di Cento con una certa cultura e bibliotecario presso la Biblioteca Universitaria di Bologna, compila il primo sintetico catalogo della piccola collezione di una trentina di manoscritti ebraici, e riguardo ai due rotoli della Torah, segue la tesi di Ravà. Il bibliotecario Modena di fatto consacra come l’antico e famosissimo rotolo quello donato alla Regia Biblioteca Universitaria nel Settecento da Papa Lambertini, attribuendogli la segnatura di Rotulo 1, e descrivendo l’altro rotolo come pessimo, con una scrittura goffa e note marginali, con strane lettere arricciate e le coroncine o Tagin poste diversamente, datandolo al secolo XVII con un segno di domanda (?), e dandogli la segnatura di Rotulo n. 2.
Questo equivoco avvenne probabilmente perché sul Sefer Torah antico non c’era più la nota trascritta dal De Montfaucon, quando era ancora cucita nel verso del rotolo. Tuttavia, sia Vittore Ravà, sia Leonello Modona hanno presente il Diarium italicum, dove, nella scritta ricopiata dall’ecclesiastico francese, si parla di Tagin diversi, con lettere arricciate e variate, elementi che, all’esame di un occhio esperto, sarebbero stati sufficienti a capire quale dei due rotoli presentava queste caratteristiche di antichità e diversità dai Rotoli della Torah copiati dal Cinquecento all’Ottocento e a loro noti. Questo scambio rimane comunque misterioso e incredibile fino al 2013.
Nel 2013, infatti, in occasione della compilazione di un nuovo catalogo dei manoscritti ebraici della collezione di questa biblioteca, assieme a Giacomo Corazzol, il Prof. Mauro Perani, Ordinario di Ebraico presso l’Alma Mater, si accorge dell’antichità del Rotolo n. 2, scritto in caratteri quadrati proto-sefarditi dei primi secoli del secondo millennio, dato confermato da due esami al carbonio C 14. Finalmente si ritrova l’identità del vero rotolo antico, per cui le caratteristiche attribuite erroneamente da Modona al Rotolo n. 1, più recente e mutilo, devono essere attribuite al rotolo n. 2, il cui valore e antichità erano già noti sei secoli prima della compilazione, nel 1889, del catalogo di Leonello Modona.
Bibliografia
Testo principale
- Mauro Perani (ed.), The Ancient Sefer Torah of Bologna. Features and History, “European Genizah Texts and Studies”, Vol. 4, Brill Leiden ∙ Boston 2019. Indice e anteprima del volume
Altri studi
- M. Perani e G. Corazzol, Nuovo catalogo dei manoscritti ebraici della Biblioteca Universitaria di Bologna, "InBUB", 3 (2013).
- B. Antonino, R. De Tata, M. Perani, Il Rotulo 2 della Biblioteca Universitaria di Bologna, a cura della Biblioteca Universitaria di Bologna, Bologna 2015 (Contiene il testo in italiano e in inglese dei seguenti due studi: R. De Tata, L’occhio dello studioso e la lente del bibliotecario. Breve storia del Rotulo ebraico della Biblioteca Universitaria di Bologna, pp. 7-21; testo inglese pp. 22-35; M. Perani, Il più antico Sefer Torah intero del secolo XII-XIII riscoperto nella Biblioteca Universitaria di Bologna, pp. 37-62; testo inglese pp. 63-78).
- M. Perani, Ebraisti e bibliofili europei a caccia di manoscritti ebraici in Italia fra Sette e Ottocento: Bernard de Montfaucon e David Kaufmann, in F. Sabba (cur.), Patrimonio culturale condiviso: viaggiatori prima e dopo il Grand Tour, Ebook/Collection Atti di Convegni, 2, ©Associazione culturale Viaggiatori, Dipartimento di Beni Culturali, Università degli Studi di Bologna, Naples, 2019, pp.193-211.
- M. Perani, The Oldest Complete Extant Sefer Torah Re-discovered at the Bologna University Library: Codicological, Textual, and Palaeographic Features of an Ancient Eastern Tradition, in A. Yaron, M. Perani (eds.), The Jews In Italy: Their Contribution to the Development and Diffusion of Jewish Heritage, Academic Studies Press, Brighton, MA, USA, 2019, pp. 16-63.
- M. Perani, Il “Rotolo di Esdra” riscoperto a Bologna: caratteristiche grafiche e scrittorie del più antico e integro Sefer Torah, in M. Andreatta, F. Lelli, (cur.), ‘Ir Ḥefṣi-Vah. Studi di ebraistica e giudaistica in onore di Giuliano Tamani, Livorno, Salomone Belforte Editore, 2020, pp. 79-145.