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Nuove acquisizioni di manoscritti per il fondo “Guerra delle nazioni” della Biblioteca Universitaria
di Rita De Tata
In prossimità della ricorrenza storica dei cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale la Biblioteca Universitaria di Bologna ha arricchito la sua importante raccolta della “Guerra delle nazioni”, iniziata negli anni del conflitto dal direttore Giuseppe Fumagalli, con un acquisto particolarmente significativo. Nel 2002, ad un'asta di Sotheby, era stata comprata una vasta documentazione, sia fotografica che cartacea, appartenuta ad Arminio Enrichi, ufficiale di artiglieria sul fronte del Carso e autore di un “Piccolo diario” dove erano registrate meticolosamente le vicende e le riflessioni quotidiane del giovane militare. Il diario, che è stato collocato fra i manoscritti della Biblioteca con la segnatura di ms. 4681=Guerra mss. E, era però mancante della parte iniziale, corrispondente al primo anno di guerra, ed era costituito da quattro volumi (dal III al VII), datati 1 aprile 1916-7 novembre 1918. Una fortunata circostanza ha permesso oggi di completare con i primi due volumi, che coprono il periodo dal 10 maggio 1915 al 31 marzo 1916, questa importante testimonianza del conflitto.
Proprio grazie al breve trafiletto che era stato pubblicato sul magazine della BUB nel maggio 2006, uno degli eredi di Enrichi ha scoperto la presenza in Biblioteca di questi documenti e, disponendo di altro materiale inerente alla Grande Guerra appartenuto al capitano Arminio, si è messo in contatto con la Direzione e il settore manoscritti della BUB, offrendosi di mostrare quanto da lui posseduto. Quando il sig. Enrico Enrichi si è presentato in Aula Magna con una valigia piena di carte, è stata grande l’emozione nel constatare che davanti ai nostri occhi stavano proprio i primi due volumi, mancanti nel nostro fondo, del “Piccolo diario” vergato quotidianamente dal prozio. È ancora più interessante, adesso, ripercorrere la narrazione così completata: vi troviamo all’inizio un giovane ufficiale fresco di Accademia militare che si lancia con entusiasmo verso l’avventura della guerra, e che col passare degli anni, attraverso le durissime esperienze della trincea sulle montagne friulane, acquista una maggiore consapevolezza dell’orrore e della fatica insite in un conflitto così lungo e spietato. Anche se mai vengono meno la competenza professionale e la fedeltà ad una carriera militare evidentemente scelta per passione (sono notevoli i disegni e gli schemi presenti in tutti i volumi, intercalati alle pagine di diario), non si può fare a meno di notare la progressiva variazione del tono, la sempre maggiore riflessività, un certo disincanto nei confronti delle alte gerarchie, spesso avvertite come lontane dalla realtà e dalle difficoltà dei combattenti. Notevoli sono le caricature, sia dell’Enrichi che di altri militari, presenti su alcune pagine e attribuibili ad un commilitone che si firma “E. Mari”.
Il “Piccolo diario”, come lo chiamava il suo autore, in realtà è oggi un corposo testo diviso in sette volumi, per un totale di quasi 2000 carte; insieme ai due volumi mancanti, inoltre, il fondo è stato arricchito con una interessante serie di documenti relativi alla carriera di Enrichi e ai suoi vari interessi, anche letterari; la documentazione, ancora in corso di catalogazione, ha ricevuto la segnatura di ms. 4790=Guerra mss. L. Fra le molte carte troviamo, accanto ai taccuini di appunti della Scuola di guerra degli anni 1912-1913, alcuni fascicoli di considerazioni critiche su libri letti circa nello stesso periodo: fra di essi alcuni romanzi di Ludovico Zuccoli e di Anton Giulio Barrili, racconti di Marcel Prévost , di Gabriele D’Annunzio, di Edmondo De Amicis, ma anche articoli di giornale di vari argomenti, sia militari che di cultura generale. Fra questi ultimi si nota la breve segnalazione, senza commenti personali, di un articolo comparso sulla “Domenica del Corriere” del 25 dicembre 1913, nel quale si parlava di un progetto di legge presentato al Reichstag per la legalizzazione dell’eutanasia.
Costituisce invece una specie di prodromo al “Piccolo diario” il fascicolo intitolato “Diario di guerra luglio 1914. Torino-Reggio Emilia”, il cui contenuto è così tratteggiato dallo stesso Enrichi: “Questi appunti saranno fatti giornalmente, dopo la lettura dei giornali. Essi perciò hanno un valore molto relativo. Prescindendo da altre considerazioni, potranno servire di ricordo dei principali avvenimenti e come punto di partenza per studi successivi”; gli appunti si fermano al 31 ottobre 1914, pochi mesi prima della partecipazione, in prima persona, al conflitto mondiale.
Significativo per la comprensione del carattere orgoglioso ed impulsivo di Enrichi è un documento del Comando d’artiglieria di Mantova, firmato dal generale Beccaria Incisa in data 19 novembre 1908, che risponde ad un reclamo fatto dal giovane tenente per non aver ottenuto la qualifica di “ottimo”; il generale, dopo aver soppesato virtù e difetti del suo sottoposto, così concludeva la sua dettagliata disamina del reclamo: “Io non sono punto alieno dal riconoscere che il ten. sig. Enrichi presta un ottimo servizio, ed egli deve persuadersi che nessuno disconosce i suoi meriti; ma l’opera sua riuscirà più apprezzata e, dirò, anche più simpatica, se andrà unita a maggior modestia e fiducia nei superiori. Non sarà con dei reclami infondati che potrà ottenere quegli elogi, che non gli vennero tributati spontaneamente”. Possiamo ripercorrere le fasi salienti della carriera militare dell’ufficiale grazie ai documenti originali che fanno parte di questa nuova acquisizione: sottotenente di artiglieria nell’ottobre 1903, Enrichi è promosso tenente nel settembre 1906; nello stesso mese del 1914 ottiene il diploma della Scuola di guerra col punteggio di 16,02, classificandosi 20° su 53 allievi giudicati idonei; nel gennaio dell’anno successivo riceve la nomina a capitano, grado col quale parte per il fronte. Nel 1917, “in considerazione dei lunghi e buoni servizi”, riceve l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, mentre alla fine del conflitto gli viene conferita la croce al merito di guerra; il 15 marzo 1920 il Ministero della guerra sanziona la concessione, già fatta sul campo nel giugno 1918, della medaglia d’argento al valor militare al maggiore Arminio Enrichi, con la seguente motivazione: “Comandante di un gruppo di cannoni da 105, con lunghi mesi di assiduo lavoro, recandosi sempre personalmente agli osservatori avanzati e sulle prime linee, ne curava in modo perfetto la preparazione. Durante l’attacco nemico del 15 giugno, sferratosi con violento tiro di artiglieria specialmente a gas sulle postazioni delle artiglierie e del Comando di gruppo, rispondeva con mirabile prontezza e precisione ad ogni richiesta di fuoco, infliggendo sensibili perdite al nemico e concorrendo efficacemente alla tenace difesa e ai brillanti controattacchi della 31 Divisione”. Il cursus honorum è suggellato, nel giugno 1923, dalla nomina, su proposta del ministro per gli Affari della Guerra, a cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Un ultimo pezzo colpisce la nostra attenzione: si tratta di un gruppo di fogli sciolti numerati da 1 a 76 (mancano però le cc. da 42 a 58), un po’ ingialliti e consunti, che contengono l’abbozzo di un romanzo, scritto in prima persona, intitolato “Il mio giornaletto di guerra” e dedicato (ma la dedica è cassata da un tratto a penna) “alla signorina Olga”. Vi si narrano le vicende di un sedicenne friulano rispondente all’altisonante – e vagamente dannunziano – nome di Leonetto di Valpanera, che dai banchi del ginnasio sente il richiamo della guerra e corre ad arruolarsi, ad insaputa dei genitori; la narrazione si conclude al fronte, con un capitolo appena iniziato intitolato “Coi bersaglieri”.
La descrizione sintetica di questo materiale, che va ad unirsi al precedente acquisto del 2002, è sufficiente a dare un’idea dell’interesse storico e documentario del fondo Enrichi: ricordiamo infatti che della prima tranche faceva parte anche una ricchissima documentazione fotografica (ms. 4682=Guerra mss. F), composta da quasi mille istantanee scattate sui luoghi del conflitto, che costituiscono un puntuale contrappunto visivo alla narrazione del “Piccolo diario”. La personalità di Arminio Enrichi ne emerge con una vivacità e una complessità intellettuale che, a a tanti anni di distanza, mantiene un indubbio fascino: sarebbe auspicabile che nel fiorire di iniziative e di studi che accompagneranno sicuramente la ricorrenza del centenario del primo conflitto mondiale qualche storico si avvicinasse a questa figura e le dedicasse l’attenzione che merita.