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Mamelucchi e principesse

 

di Franco Pasti

 

Giuseppe Mezzofanti  dedicava gran parte delle sue giornate di lavoro ai numerosi forestieri che, in visita a Bologna, riservavano alla Biblioteca e all’Accademia di Belle Arti una breve sosta; accoglieva così ed intratteneva amabilmente una composita schiera di aristocratici e diplomatici,  letterati ed artisti,  ecclesiastici e curiosi che, ammirati delle sue abilità linguistiche, contribuivano ad accrescerne il mito nascente di poliglotta e a diffonderne la fama oltre i confini patrii;  Mezzofanti  era solito  annotare diligentemente, accanto alla data,  i nomi dei viaggiatori, italiani e stranieri, o conservarne gelosamente i biglietti da visita [1].

E così, all’indomani della Restaurazione, certamente sorpreso dalla singolarità del personaggio che gli si presentò davanti, annotava: “Ahmed Bey de Soliman, Principe Mamelucco già uno dei 24 Bey sovrani d’Egitto  è venuto oggi 26 settembre 1816 a vedere la Biblioteca” [2]; ne trascriveva quindi il nome in arabo.  Il  principe mamelucco che in quella tarda mattina di settembre, si era spinto fino al portone della Pontificia  Biblioteca  dell’Università,  da anni  oramai aveva smesso i costumi orientali e viveva  in Europa un esilio appartato e dolente.

 

Due anni prima, era apparsa in Francia, una Notice sur Ahmed, Bey de Soliman réfugié en France [3], una breve biografia stampata dal tipografo Michaud,  alla cui stesura  aveva collaborato Joseph Senties, funzionario pubblico tolosano  (1756-1814),  addetto alla amministrazione della lotteria ed autore di romanzi popolari, quali Les doléances des dames de la Halle, 1789, Les Joueurs ou le Nouveau Stukéli, 1807 e La Pauvre Orpheline, ou la force du préjugé,  a. IX,1801, tutti pubblicati anonimi. In questa Notice sur Ahmed le vicende del bey mamelucco erano proposte come un emblematico esempio del rapido mutare della fortuna degli uomini:  la sua ascesa da kaschif a bey, la fuga nell’alto Egitto all’arrivo delle truppe francesi del generale Kléber, l’imboscata tesagli dal pasha  Mohammed Ali, il fortunoso viaggio a Rosetta e la partenza per  l’Europa, quindi,  raggiunte le coste della Provenza nel 1806, la nuova vita in Francia, l’esilio solitario dedicato allo studio della lingua francese e all’osservazione attenta dei costumi locali, la protezione del  ministro di polizia, il Duca d’Otranto (Fouché). Napoleone conobbe, avendolo visto alla testa delle sue truppe,  il coraggio e il valore militare di Ahmed e gli offrì di entrare a far parte della sua  guardia personale cui aveva attribuito il nome di mamelucchi. Ahmed rifiutò ed ebbe in compenso una non generosa pensione, come si può leggere nella Correspondance di Napoleone (N. 10642, Au général Duroc, Saint Cloud, 14 agosto 1806 : «M. Duroc fera payer au kachef Ahmed 300 francs par  mois jusque ce qu’on ait trouvé moyen de l’employer. Il le payera depuis le janvier 1806, afin de lui donner les moyens de payer ses dettes et de s’habiller». Quando il Duca di Otranto fu nominato governatore di Roma, Ahmed volle seguirlo per visitare la città santa del cristianesimo. Fu quella l’occasione del suo primo viaggio in Italia, ma giunto a Firenze, il Duca d’Otranto ricevette l’ordine di ritornare in Francia e di ritirarsi a Aix en Provence. Ahmed non lo abbandonò nella disgrazia e ciò comportò dapprima la sospensione della pensione e quindi la riduzione a 5 franchi al giorno, con l’ordine di soggiornare a Marsiglia. Nel 1814 si arruolò nel corps franc  del colonnello Simon per la difesa del regno napoleonico e venne fatto prigioniero. In appendice alla biografia furono pubblicate due Pièces justificatives: la prima, dell’8 dicembre 1814, è la testimonianza dell’ex console Mathieu de Lesseps, che lo definì: “…l’un des plus braves et des meilleurs guerriers qu’ai produit la troupe des héros Mameluks”. Le molte disgrazie che ebbe a patire e la perfidia di cui fu vittima ripetutamente erano riproposte nel libello, con abile tensione stilistica, alla comprensione di Louis le Désiré. Secondo le ultime notizie, Ahmed fu poi a Vienna, dove si convertì al cristianesimo e ricevette il battesimo: "Ahmed, Bey de Soliman, Principe mameluco, que residia en Francia antes de la guerra de 1814, y que despues se retirò a Viena de Austria, ha abrazado la religion cristiana, y recibiò el bautismo en esta capital el 16 del corriente" ("Gaceta de Madrid", 12 de febrero de 1818, p. 160) [4].

Se la visita del bey di origini circasse rappresentò  un evento  speciale,  il 25 ottobre 1818, Mezzofanti accompagnò in una visita più di routine il principe polacco Czertwertynski, a Bologna con la famiglia [5]; gli illustrò le opere d’arte dell’Accademia in lingua polacca e ricevette in dono il volume di Julian Ursyn  Niemcewicz (1758-1841), intelletuale romantico, intitolato Spiewy historyczne z muzyka i rycinami:  già collocata nella biblioteca privata del Mezzofanti (n. 882), l’opera  passò quindi alla Biblioteca Universitaria, con la segnatura  A.VI.K.VII.2; vi si legge  De la part du prince Czertwertynski qui a été à Bologne avec sa famille le 25 octobre 1818

Qualche giorno più tardi, l’8 novembre, giunse in biblioteca l’abate Luigi Chiarini (1789-1832), “che va professore di Lingue orientali presso un vescovo in Polonia”, come annotava Mezzofanti.[6]

Il Chiarini infatti doveva recarsi a Varsavia, dove il vescovo di Płock, mons. Adam  Prazmowski, gli aveva procurato un posto di professore di lingua ebraica presso il locale seminario: in realtà, tale incarico era nel frattempo già stato assegnato e il Chiarini fu dapprima professore di greco presso il Collegio degli Scolopi e quindi professore di lingue orientali e di storia ecclesiastica presso l’Università di Varsavia.

Poi, un via vai continuo di principesse, granduchesse, contessine, governanti e cortigiani, rompeva la monotonia delle giornate in  biblioteca: l’11 marzo 1817 fu la volta della principessa russa  Galitzin, accompagnata da due figli e una figlia e qui Mezzofanti annotava: “Ha un’altra figlia maritata a Bergamo con un Sig. Terzi”.[7]

Si trattava infatti della principessina Eliza Galitzin, figlia del principe Michele, andata in sposa il 28 agosto 1814 al marchese Giuseppe Terzi, ufficiale napoleonico fatto prigioniero nella campagna di Russia del 1812; liberato, rimase a San Pietroburgo ospite dell’architetto Giacomo Quarenghi e qui conobbe Elisa che sposò e portò a Bergamo nella villa di famiglia. In patria, Giuseppe Terzi, letterato ed artista, divenne anche il primo presidente dell’Ateneo di Scienze e Lettere di Bergamo. Morì, a ventinove anni, il 9 aprile 1919.  Si andava così componendo intorno alla figura del Mezzofanti  una fitta rete di relazioni umane e professionali, un composito mondo di spettatori, che, giunti d’ogni dove, gli conferivano un ruolo indiscusso di protagonista della cultura accademica e della cronaca del tempo.

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[1] Per i visitatori più celebri quali Byron, Stendhal, Metternich, lady Morgan ecc. rinvio a:  A. Sorbelli, Bologna negli scrittori stranieri, a cura di G. Roversi, Bologna 1973 e al mio Un poliglotta in biblioteca: Giuseppe Gaspare Mezzofanti (1774-1849) a Bologna nell’età della Restaurazione, Bologna, Pàtron, 2006, pp. 21-23.

[2] Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Fondo Mezzofanti, Cart. LXVI, 35.

[3] http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k6207693k.r=ahmed+bey+de+soliman.langFR

[4] Altri brevi  ragguagli in Biographie nouvelle des contemporaines ou dictionnaire historique et raisonné de tous les hommes qui, depuis la Révolution Française, ont acquis de la célébrité par leurs actions, leurs écrits…, Paris, Librairie Historique, 1820-1825, tome I, p. 59;  “The literary Panorama and national register: a review of books, magazine of varieties, comprising interesting intelligence from the various districts  of the United Kingdom”, New series, volume the eight, London, Simpkin and Marshall, 1819, col. 140.

[5] Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Fondo Mezzofanti, Cart. VII.5.6; sulla “Gazzetta di Milano” del 22 ottobre 1818, il principe polacco è definito “proprietario sassone”  in viaggio alla volta di Firenze.

[6] Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Fondo Mezzofanti, Cart. VII. 5.9; per le notizie su Luigi Chiarini si rinvia alla voce di  Fausto Parente in Dizionario Biografico degli Italiani, v. XXIV,  1980, pp. 581-587.

[7] Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Fondo Mezzofanti, Cart. VII.5.15.